UNA GITA FUORI PORTA10/04/2013 | Galleria fotografica Nonostante le previsioni meteorologiche non promettessero un sole primaverile, il Cenacolo e alcuni amici hanno deciso di festeggiare il lunedì di Pasqua con una gita fuori porta, un bel po’… fuori porta: a Napoli. Siamo partiti da Roma al mattino non troppo presto, per via del ripristino dell’ora legale, e questo ci ha permesso di essere più riposati per affrontare la giornata. L’itinerario, studiato da Roberta, offriva comunque due possibilità: 1. “se non siamo stanchi”; 2. “se siamo stanchi”, in quest’ultimo caso avremmo rinunciato alla visita di qualche museo, o ad un bel panorama, ma mai alla degustazione della vera pizza Margherita, della sfogliatella e del caffè di Napoli perché, a detta di Ester “,non si viene a Napoli tutti i giorni e a queste prelibatezze non si può rinunciare, per nessuna ragione al mondo!” L a prudenza ci aveva suggerito di mettere in pratica, fin dall’inizio del viaggio, le strategie antiborseggio, come ad esempio, quella di indossare lo zaino sul davanti, infatti, sull’autobus per la stazione , il nostro cavaliero Pericle (adesso anche eroe) ha sventato un tentativo di furto a danno di un turista. Trini, tuttavia, fedele al principio che lo zainetto va indossato sulla schiena, l’ha portato così in qualsiasi luogo e occasione per tutto il giorno. Comunque due erano i punti fermi del nostro programma: 1. come detto prima, mangiare La vera pizza e la sfogliatella di Napoli; 2. recarci al duomo per chiedere la grazia a San Gennaro. Per esser sicuri di realizzare il primo punto, sul treno ci è venuto in mente di telefonare alla famosa pizzeria “da Michele”: “Ciao! Sono Roberta. Lei è Michele? No? Franco, eh! Senta vorremmo prenotare un tavolo da nove , stiamo venendo a Napoli proprio per mangiare la sua pizza. Sì, siamo sul treno, saremo lì fra un’ora, grazie!” La città ci ha accolto con la sua tipica atmosfera festaiola e caotica, con i fuochi di artificio per una processione di qualche Madonna (ma quale Madonna si festeggia a pasquetta?). Poi la corsa verso il duomo. Nella cappella di san Gennaro abbiamo cercato con lo sguardo il busto del patrono fra quelli di diciotto-diciannove compatroni e tutti insieme, in raccoglimento, convinti che se la devozione popolare è così forte e radicata vale quanto la fede, abbiamo chiesto la grazia affinché ci dia una nuova casa a Roma, possibilmente meno "sgarrupata". Di nuovo giù per i vicoli con passo veloce per raggiungere il Pio Monte della Misericordia per ammirare la tela del Caravaggio. Bellissima opera questa, anche per un occhio profano, ma così complessa che nell’individuare le sette opere di misericordia, ne mancava sempre una. In nostro aiuto è sopraggiunto un simpatico signore napoletano, profondo conoscitore dell’opera e dell’artista, che con la sua appassionata spiegazione ci ha condotto nell’interno della scena dipinta facendoci scorgere dietro ombre, fasci di luce e elementi strutturali personaggi nascosti, gesti e messaggi. All’ora di pranzo abbiamo raggiunto la famosa pizzeria di Michele, ma ad aspettarci non c’era né Michele e né Franco ma una folla di gente che dalla mattina, pazientemente, aspettava il proprio turno per entrare. Stessa scena in altre pizzerie. La caparbietà di Ester,decisamente contraria ad un pranzo take-away, ci ha condotto ad un ristorante affollato ma ancora con qualche posto disponibile e lì abbiamo finalmente consumato la famosa pizza Margherita; la sfogliatella e il caffè invece erano rigorosamente della pasticceria Scaturchio. Ormai satolli , per rispettare il programma, ci siamo avviati alla cappella Sansevero per ammirare il Cristo velato e poi verso il lungomare per uno sguardo al porto di Napoli. Ma ad un certo punto del percorso, per alcuni imprevisti, la comitiva si è divisa: un gruppo, nonostante la pioggia, ha proseguito il giro turistico con la visita al monastero di santa Chiara; l’altro, invece, ha raggiunto la stazione. Infine stanchi ed assetati, a causa della lenta digestione della pizza, siamo saliti sul treno,e, senza l’euforia della partenza, ci siamo abbandonati chi alla conversazione, chi alla lettura di un libro appena acquistato, chi a schiacciare un pisolino, chi a fotografare Rosangela di nascosto. L’avventura non è finita qui, perché giunti a Roma, il conducente dell’autobus un po’ psicopatico, sicuramente con qualche problema, ha trattato da caproni tutti coloro, compresi noi, che avventatamente erano saliti sull’autobus “fuori servizio”, li ha fatti scendere, ha pulito tutti gli specchietti retrovisori , sistemato una copertura al sedile, infine li ha fatto risalire. Poi, durante la corsa,ha deciso di educare gli stessi sbigottiti passeggeri ai divieti di salita e scesa dalle porte ma soprattutto all’ applicazione della regola “sorreggersi agli appositi sostegni” mettendo in pratica una guida a dir poco spericolata, altrimenti per noi sarebbe stato “vedi Napoli e poi muori”. Rita
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